Proseguendo la catechesi sul Decalogo, nell’udienza generale di oggi, il Papa ha approfondito il significato del Quinto Comandamento: “non uccidere” è un appello all’amore e alla misericordia, una chiamata a vivere secondo Gesù. Insultare e disprezzare, ammonisce Francesco, è uccidere. E anche l’indifferenza uccide la dignità dell’altro. Ogni volta che non amiamo, disprezziamo la vita.
Anche l’insulto e il disprezzo possono uccidere. E non amare è il primo passo. Nell’udienza generale di oggi, il pontefice si è soffermato sul senso più profondo del Quinto Comandamento: Gesù estende il campo, al punto da affermare che davanti al tribunale di Dio anche l’ira contro un fratello è una forma di omicidio. Nessuno può disprezzare la vita altrui o la propria; l’uomo infatti, porta in sé l’immagine di Dio ed è oggetto del suo amore infinito, qualunque sia la sua condizione. Gesù ci dice: “Fermati, perché l’insulto fa male, uccide”. Il disprezzo è uccidere la dignità di una persona.
E bello sarebbe che questo insegnamento di Gesù entrasse nella mente e nel cuore, e ognuno di noi dicesse: “Non insulterò mai nessuno”. Sarebbe un bel proposito, perché Gesù ci dice: “Guarda, se tu disprezzi, se tu insulti, se tu odi, questo è omicidio”.
Nessun codice umano equipara atti così differenti assegnando loro lo stesso grado di giudizio. Gesù invita persino a interrompere l’offerta del sacrificio nel tempio, per andare a riconciliarsi, se ci si ricorda che un fratello è offeso nei nostri confronti. Anche noi, quando andiamo alla Messa, dovremmo avere questo atteggiamento di riconciliazione. Anche se abbiamo pensato male, insultato. Invece molte volte, nell’attesa, si chiacchiera e si parla male degli altri. Insulto, disprezzo, odio sono gravi: Gesù li mette sullo stesso piano dell’uccisione. Perché l’uomo possiede un io recondito non meno importante del suo essere fisico.
Infatti, per offendere l’innocenza di un bambino basta una frase inopportuna. Per ferire una donna può bastare un gesto di freddezza. Per spezzare il cuore di un giovane è sufficiente negargli la fiducia. Per annientare un uomo basta ignorarlo. L’indifferenza uccide. E’ come dire all’altro sei un morto, perché lo hai già ucciso nel tuo cuore. Ogni volta che non amiamo, in fondo disprezziamo la vita. Non amare è il primo passo per uccidere.
Il papa ricorda la frase terribile uscita dalla bocca del primo omicida, Caino: «Sono forse io il custode di mio fratello?». Così parlano gli assassini, “non mi riguarda”, osserva Francesco. Siamo custodi gli uni degli altri! La vita umana ha bisogno di amore. L’amore autentico, di cui non possiamo fare a meno, è quello che perdona, che accoglie chi ci ha fatto del male.
Nessuno di noi può sopravvivere senza misericordia, tutti abbiamo bisogno del perdono. Quindi, se uccidere significa distruggere, sopprimere, eliminare qualcuno, allora non uccidere vorrà dire curare, valorizzare, includere. E anche perdonare.
A un uomo è richiesto di più che non fare del male. C’è del bene da fare, preparato per ognuno di noi, ciascuno il suo, che ci rende noi stessi fino in fondo. “Non uccidere” è una chiamata a vivere secondo il Signore Gesù, che incarnandosi ha santificato la nostra esistenza; che col suo sangue l’ha resa inestimabile; Lui, «l’autore della vita», grazie al quale ognuno è un regalo del Padre. In Lui, possiamo accogliere la Parola «Non uccidere» come l’appello più importante ed essenziale: la chiamata all’amore.

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