Dalle messe via streaming alle celebrazioni dai tetti delle canoniche: sono numerose le soluzioni adottate nei vari contesti ecclesiali del nostro paese in risposta alla pandemia. Un processo che ha suscitato diversi interrogativi a proposito della correttezza della Liturgia e del sistema di controllo e di vigilanza su questo versante.
I livelli di autorità chiamati a garantire e a vigilare sulla correttezza della Liturgia sono tre. Innanzitutto, “c’è il livello della Chiesa universale, rappresentato dalla Congregazione per il Culto Divino e la disciplina dei Sacramenti, che emana istruzioni, documenti e decreti, – spiega don Angelo Lameri, docente di Liturgia presso la Pontificia Università Lateranense – poi c’è il livello nazionale, ovvero i Vescovi della varie Conferenze Episcopali che declinano le norme di carattere generale a livello locale. Infine, a livello diocesano l’unico garante e l’unica autorità è quella del Vescovo”.
Le norme che stabiliscono una corretta Liturgia sono contenute all’interno dei libri liturgici. Ad esempio, per la Celebrazione eucaristica tutto il necessario per un corretto svolgimento può essere trovato all’interno del Messale romano. “Dobbiamo però intendere il termine norma – sottolinea don Angelo Lamieri – non come una gabbia, ma come un valore di comunione ecclesiale con tutta la Chiesa”. Attraverso un paragone con le lingue, si può dire che “la norma è la grammatica e la sintassi della Liturgia”.
La regola, dunque, “lascia spazio alla capacità del celebrante di giocare con creatività, – prosegue – pur rimanendo all’interno di questi elementi fondamentali” che sono importanti perché la Chiesa nella sua globalità possa sentirsi unita, “non solo nel contenuto di ogni Celebrazione, che è il Mistero di Cristo, ma anche nelle sue modalità”. Questo perché nella Liturgia la forma è anche sostanza.
Durante il periodo di pandemia le norme hanno subito delle variazioni, in particolare per quanto riguarda l’Eucarestia. “In particolari situazioni – sottolinea don Angelo – la stessa Chiesa, che ha stabilito determinati riti, li può mutare a seconda delle circostanze. In questo caso – precisa – non è che ogni singolo celebrante decide da sé, ma c’è una norma di carattere generale stabilita dalle Conferenze Episcopali Nazionali”.
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