I sacerdoti della diocesi di Roma vivranno la mattina del 7 marzo una forte “esperienza di comunione presbiterale” assieme a Papa Francesco, nella basilica di San Giovanni in Laterano. Lo ha comunicato il cardinale vicario Angelo De Donatis con una lettera indirizzata ai presbiteri. Il clero di Roma parteciperà alla liturgia penitenziale che, come consuetudine, viene presieduta dal Papa, nel giorno successivo al Mercoledì delle Ceneri.
Quella scritta dal cardinale ai confratelli, alla vigilia della Quaresima, è una “lettera non formale” e dal tono confidenziale, come lui stesso chiarisce. E contiene, all’inizio, un’esortazione: “Lasciatevi riconciliare con Dio”. Se in una comunità cristiana si vive l’esperienza della fragilità e del “conflitto”, il sacerdote o chi è preposto alla guida deve cercare di ricostruire la comunione infranta. È così che i pastori devono avere “il cuore di un padre”, dice De Donatis, e le “tenerezze di una madre”.
Artefici e testimoni di riconciliazione
Il cardinale raccomanda ai pastori della diocesi di Roma di essere sempre artefici di “riconciliazione”. E in quest’opera non facile desidera che vengano usate “pazienza” e “umiltà”. Se il sacerdote è un “Buon Pastore” e ispirato da Cristo, mosso dal suo amore che “possiede”, non deve semplicemente mediare i “conflitti” o gestirli in modo “mondano”. Ma deve fare il “primo passo” per “ritornare verso il Padre e tendere le mani verso i fratelli”.
Il cardinale De Donatis suggerisce, infine, di riportare l’esperienza della liturgia penitenziale nelle parrocchie. Le confessioni individuali – scrive – siano precedute dalla preghiera del Confiteor. Importante è riconoscere che “abbiamo molto peccato”. Se la quaresima inizia in questo modo, con questo tipo di liturgia, e se c’è un “atto penitenziale sincero”, allora non mancheranno i “frutti”, assicura il cardinale vicario.
Nella stessa lettera, De Donatis propone che venga letto un brano specifico tratto dal libro dell’Esodo. Nell’episodio del “vitello d’oro” si racconta il peccato dell’idolatria di Israele che ha ridotto Dio a “statua muta”. E anche il profeta Mosè viene “messo a tacere”. Quando nelle comunità cristiane si sperimentano chiusure e conflitti avviene esattamente questo, spiega il cardinale. Dopo aver chiesto di non mettere a tacere Dio, esorta: “rifiutiamo ogni tentazione di stanchezza o scoraggiamento”.
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