“Misure concrete ed efficaci” per contrastare gli abusi, un “male che affligge la Chiesa e l’umanità”. Le ha auspicate Papa Francesco nella sua breve introduzione con cui ha aperto, stamani, i lavori dell’incontro su “La protezione dei minori nella Chiesa”, nell’Aula nuova del Sinodo. Parlando ai 190 partecipanti, nell’Aula nuova del Sinodo, tra cui presidenti delle Conferenze episcopali del mondo, il pontefice ha invitato tutti ad “ascoltare il grido dei piccoli che chiedono giustizia”, senza pronunciare “semplici e scontate condanne”. Il Papa ha definito gli “abusi sessuali perpetrati da uomini di Chiesa a danno dei minori” una “piaga”, dopo aver ascoltato cinque video-testimonianze di vittime di abusi nel mondo. “Il santo Popolo di Dio ci guarda e attende da noi non semplici e scontate condanne, ma misure concrete ed efficaci da predisporre. Ci vuole concretezza“.
Chiediamo allo Spirito Santo di sostenerci in questi giorni e di aiutarci a trasformare questo male in un’opportunità di consapevolezza e di purificazione. #PBC2019
— Papa Francesco (@Pontifex_it) 21 febbraio 2019
Come strumento per accompagnare i lavori, il Papa ha consegnato ai partecipanti delle Linee guida “per aiutare la riflessione”: alcuni “importanti criteri”, spiega, formulati dalle diverse Commissioni e Conferenze episcopali.
La relazione del cardinale Tagle: toccare le ferite è atto di fede
Il cardinale Luis Antonio G. Tagle ha preso la parola dopo l’intervento introduttivo di Papa Francesco. Nella sua relazione ha parlato di “ferite” inflitte alla Chiesa e della necessità di intervenire per guarirle. E ha ammesso una responsabilità dei vescovi per il “fetore della sporcizia gettata sui bambini e sulle persone vulnerabili”. Invece di proteggere le vittime, spesso, sono “scappati”. Oggi, i vescovi devono farsi, invece, “promotori” di “guarigione”.
Il porporato ha citato poi il Vangelo di Giovanni, ricordando l’episodio dell’apparizione di Gesù risorto ai discepoli. Gesù, ha ricordato il cardinale Tagle, “insiste affinché Tommaso metta il suo dito nelle ferite”. Solo dopo averlo fatto l’apostolo fa la sua professione di fede nella resurrezione. Per ogni credente avviene la stessa cosa: solo dopo aver “visto” e “toccato” le “ferite di Cristo nelle ferite dell’umanità” possiamo maturare una fede sincera. E argomentando sugli abusi, ha ribadito: “Come possiamo professare la fede in Cristo se chiudiamo gli occhi?”. “Venire a contatto con le ferite di chi ha dovuto subire abusi” è soprattutto un “atto di fede”, secondo il cardinale Tagle. Occorre vincere la paura di “guardare in faccia le nostre proprie ferite”. Queste in fondo sono ciò che costituiscono la nostra umanità e guardarle vuol dire riconoscere che “siamo vulnerabili”.
Giustizia non basta, occorre perdono
Necessario poi il “perdono” per il porporato filippino che ha citato gli studi, sulla tematica, del dr. Robert Enright, docente all’Università di Wisconsin-Madison. Non basta rendere “giustizia” alle vittime di abuso. Infatti, nel loro cuore permane il risentimento e questo può essere eliminato attraverso “il perdono” che “è una via potente e anche scientificamente dimostrata” per guarire da questo dolore.
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