“Quando un prete non trova gioia dentro, si fermi subito e si chieda perché”. Lo ha detto Papa Francesco, stamane, durante l’omelia a Santa Marta. Parlando di San Giovanni Bosco e della sua “gioia” caratteristica, ha esortato i sacerdoti a lasciarsi ispirare da lui nell’azione pastorale. Tante le iniziative, oggi, nel giorno della memoria liturgica del fondatore della Congregazione Salesiana e delle Figlie di Maria Ausiliatrice. Si fa festa in tante parrocchie, scuole e comunità guidate dai figli di don Bosco. E a Roma, alla Pontificia Università Salesiana, il vescovo Enrico dal Covolo, Assessore al Pontificio Comitato di Scienze Storiche, ha presieduto una messa per la grande comunità accademica. “La storia della vocazione di Don Bosco è come un testimone da raccogliere nelle nostre mani”, ha detto il vescovo. E ha ricordato che “sulla stessa strada di santità ci troviamo a camminare anche noi”.
San Giovanni Bosco nel cuore di Papa Francesco
Proprio ieri, concludendo l’Udienza Generale, Papa Francesco aveva ricordato il Santo dei giovani definendolo “un bravo prete”. Lui, “seppe far sentire l’abbraccio di Dio a tutti i giovani che incontrò”.
E giorni fa, durante la Veglia della Gmg a Panama, il Papa ha voluto additare come riferimento e modello il santo sacerdote torinese. Quando Bergoglio ha pronunciato il suo nome al campo “San Juan Pablo II”, la sera del 26 gennaio, i giovani hanno risposto con uno scrosciante applauso. Don Bosco “imparò a guardare, a vedere tutto quello che accadeva attorno nella città e a guardarlo con gli occhi di Dio”. Nacque cosi la comunità salesiana, una famiglia in cui questi giovani potessero sentirsi amati e curati. Queste “centinaia di bambini e giovani abbandonati, senza scuola, senza lavoro”, grazie all’opera della Congregazione Salesiana e all’intuizione del suo fondatore, ebbero così una “mano amica” su cui poter contare.
E ancora una volta, nell’omelia di stamane a Casa Santa Marta, Papa Francesco ha ricordato la figura di San Giovanni Bosco che seppe guardare la problematica realtà torinese del suo tempo con il cuore di un padre e di un maestro. E rivolgendosi ai sacerdoti li ha spronati a non essere “funzionari”. Il prete deve passare “tanto tempo vicino al tabernacolo” e, maturando nella preghiera, guardare alla realtà “con occhi di uomo e occhi di Dio”. Come don Bosco, che “è andato, ha camminato con loro, ha sentito con loro, ha visto con loro, ha pianto con loro”, i sacerdoti devono farsi prossimi ai giovani e trattarli come “figli” e come “fratelli”. Solo così si può acquisire la “gioia” vera nell’esercizio pastorale, che è la stessa gioia caratteristica di don Bosco.
L’omelia del vescovo Enrico dal Covolo alla Pontificia Università Salesiana

In sintonia con il discorso pronunciato a Panama da Papa Francesco il vescovo Enrico dal Covolo, nell’omelia di stamane, ha invitato i salesiani a continuare ad usare “attenzione ai piccoli e ai poveri”. Dopo aver esortato i presenti a mettersi “nella prospettiva del Sinodo dei Giovani e della Giornata Mondiale della Gioventù”, ha tracciato una sorta di itinerario per rimanere fedeli alla missione salesiana. I figli spirituali di don Bosco, secondo il vescovo, non devono mai “perdere di vista ” le pecorelle più deboli. Questa premura a favore degli ultimi e dei deboli è il cardine della missione della Congregazione e del cosiddetto “sistema preventivo”. Occorre essere realmente “sbilanciati” dalla parte dei piccoli. “Nel compiere questa missione – ha proseguito Enrico dal Covolo – troviamo la via della nostra santificazione”.
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